… è una panchina alla sinistra del Museo Archeologico, sulla cittadella. Da qui, dove posso leggere e fumare in tutta tranquiliità, vedo davanti a me il tempio di Ercole e tutto Jabal Amman, il verde selvatico tra le rovine, i visitatori a passeggio.
L’aria è pulita quassù, soffia sempre una brezza piacevole. Il mondo si distende tutto intorno a me e lo sguardo raggiunge luoghi lontani.
Lascerò questa città, ma mi seguiranno i ricordi di lei: il piccolo parco di Webdeh dove Lamees tiene i suoi corsi di yoga, i ragazzi italiani della Yasmin House, studenti universitari datisi alla gastronomia, le infinite scalinate tra i colli della città, Joz Hind, il ristorantino di Luca, Feda, malata di tumore, Duwar Paris, Shams il-Balad, i pasticcini freschi di Fayruz e (a proposito di Fayruz) l’impietoso liturgico ripetersi delle sue canzoni negli alberghi del Medio Oriente…