Un passo guadagna la terra, un altro l’abbandona.
La mia anima è triste fino alla morte… Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice. E se esso non può essere allontanato senza che io lo beva, si compia la tua volontà! (Matteo 26)
Non potrai evitare di prendere decisioni.
Come potrei scagliare le mie frecce contro Bhisma e Drona, i miei maestri? È meglio vivere mendicando piuttosto che uccidere coloro che onoriamo. Anche se ora loro combattono per avidità di ricchezze, se li uccidessi, le mie vittorie e le mie gioie sarebbero macchiate di sangue. Così, proprio non so se è meglio vincere o essere sconfitti. Se uccidiamo i nostri maestri, perderemo la voglia di vivere. Eppure, essi ci fronteggiano pronti alla battaglia. La mia natura di guerriero è trattenuta dalla compassione, non so quale sia il mio dovere e non trovo nulla che possa dissipare quest’angoscia che mi consuma… io non combatterò! (Bhagavad Gita, II)
«Figlio di Laerte, accorto Odisseo, dunque tornerai alla tua casa ed alla terra dei padri? Ti auguro di essere felice, ma se sapessi quante sofferenze dovrai ancora subire prima di giungervi, resteresti qui con me e saresti immortale, benché desideroso di rivedere la sposa che invochi ogni giorno. Io sono migliore di lei quanto a corpo e figura, perché certo le donne mortali non possono gareggiare in aspetto e bellezza con quelle immortali!» E rispondendo le disse l’accorto Odisseo: «O dea sovrana, non adirarti con me. So bene che Penelope ti è inferiore per aspetto e grandezza: ella è mortale, a te non tocca vecchiaia. E ciò nonostante desidero e spero ogni giorno di poter tornare a casa da lei. Se qualcuno degli dei vorrà ancora tormentarmi sul livido mare, io sopporterò, perché nel mio animo sono uso a soffrire. Ho già sofferto molto ed ho corso molti pericoli tra le onde del mare ed in guerra: venga pure quanto ancora deve avvenire!» (Odissea, V)
Qualcosa dovrà essere lasciato, perché qualcosa possa essere preso.
La scelta di Arjuna. (Mahabharata V, 7)